In ascolto della parola

Domenica 18 Agosto

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-58)

La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Commento

Nel Vangelo di questa domenica, Giovanni ci presenta Gesù come il “pane vivo, disceso dal cielo”. Cristo svela la sua identità divina e la sua missione salvifica: egli è il Figlio di Dio inviato per donare la vita eterna. Il tema del pane rimanda alla manna nel deserto, ma con una differenza cruciale: mentre la manna nutrì gli Israeliti nel cammino verso la terra promessa, chi si nutre di Cristo, il vero pane, riceve la vita eterna. Quando Gesù afferma che il pane che darà è la sua “carne per la vita del mondo”, anticipa l’istituzione dell’Eucaristia. La sua carne, ossia la sua vita, sarà offerta come sacrificio per la salvezza dell’umanità, prefigurando il sacrificio della croce. La reazione dei Giudei, che si chiedono come possa dar loro la sua carne da mangiare, evidenzia lo scandalo di una comprensione puramente umana, incapace di cogliere il significato delle parole di Gesù. In risposta, Gesù intensifica la sua affermazione, dichiarando che “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”. L’atto di mangiare e bere non è solo simbolico, ma implica una partecipazione reale al mistero di Cristo attraverso l’Eucaristia. Gesù dichiara che la sua carne è “vero cibo” e il suo sangue “vera bevanda”, sottolineando la realtà del dono eucaristico. Non si tratta di un semplice segno, ma di un nutrimento che trasforma e sostiene la vita di chi lo riceve. Mangiare la carne di Cristo e bere il suo sangue significa entrare in una comunione profonda con Lui, una comunione che Gesù descrive con il verbo “rimanere”. Verbo, che esprime un’unione stabile e duratura tra il credente e Cristo. Gesù approfondisce ulteriormente questo legame affermando che, così come Lui vive per il Padre, chi si nutre di Lui vivrà per Lui. Questa dinamica trinitaria rivela che il credente, attraverso l’Eucaristia, entra nella vita stessa della Trinità, partecipando alla relazione d’amore tra il Padre e il Figlio.

Gesù conclude il suo discorso distinguendo il pane che Egli offre dalla manna: mentre i padri morirono nonostante avessero mangiato la manna, chi mangia il pane disceso dal cielo, ossia Cristo, vivrà in eterno. L’Eucaristia non è solo un segno o un ricordo, ma la presenza viva di Cristo che dona la vita eterna. In un mondo che spesso cerca risposte immediate e soddisfazioni temporanee, il messaggio del Vangelo odierno, ci invita a guardare più in profondità, proponendoci un cibo che non passa, un nutrimento che va oltre i bisogni materiali e che può rispondere alla nostra sete di senso, di felicità e di vita vera. 

Il Vangelo proposto dalla liturgia odierna ci invita a riflettere su come viviamo il nostro rapporto con l’Eucaristia. È per noi un momento di incontro autentico con Cristo, o lo viviamo come un’abitudine? Riconosciamo davvero che il pane e il vino consacrati sono il corpo e il sangue di Cristo, fonte di vita eterna? Siamo consapevoli che l’Eucaristia ci invita a trasformare la nostra vita, a vivere per Cristo e con Cristo ogni giorno? E infine, come possiamo portare questo dono ricevuto all’interno della nostra comunità e del mondo che ci circonda?

Commento a cura di Fra Marco Valletta OFM