In ascolto della parola

Domenica 2 Aprile - Domenica delle Palme

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 21,1-11)

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma”». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!». Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».

Commento

Gesù entra mite a Gerusalemme, acclamato dalla folla, ma all’orizzonte lo attende la croce. Siamo ormai giunti alla fine, anzi all’inizio di questa nuova pagina della storia dell’umanità che profuma di salvezza. La scena dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme e la sua mitezza, mentre attraversa la folla che lo acclama, con la croce che lo attende all’orizzonte, altro non è che l’estrema sintesi di come spesso viviamo le nostre relazioni. Con la stessa velocità che intercorre tra l’ingresso trionfante e la sua crocifissione, viviamo i rapporti con il prossimo. All’entusiasmo per una nuova amicizia, spesso segue la noia e la conseguente fine. C’è però una differenza: Gesù resta mite prima, durante e dopo la sua crocifissione. Il suo amore per l’uomo, essere incline al tradimento, resta per sempre. Nel nostro caso invece ciò che resta per sempre è il rancore stratificato per le relazioni finite e ferite, che difficilmente si trasforma in perdono. 

Ma Gesù ci insegna attraverso quest’ultimo tratto di strada che sta percorrendo, che ciò che deve caratterizzare le nostre relazioni dev’essere la misericordia e la mitezza. All’annuncio del tradimento da parte di Giuda durante l’ultima cena, segue il dono del suo amore, attraverso l’Eucaristia; al successivo bacio di Giuda, Gesù risponde chiamandolo amico: nulla è cambiato nonostante il tradimento. Giuda era amico e amico resta. E ancora, al tradimento di Pietro segue lo sguardo di misericordia di Gesù. E per concludere, alle nostre continue miserie e tradimenti, segue il suo chiamarci ancora amici e la certezza del suo amore, che sulla croce si trasforma per noi in perdono e certezza di salvezza. Buon cammino verso la Santa Pasqua, sulle vie che conducono alla mitezza e alla misericordia.

Commento a cura di Fra Marco Valletta OFM