In ascolto della parola

Domenica 20 novembre - XXXIV Domenica del Tempo ordinario

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23,35-43)

Signore, ricordarti di me quando entrerai nel tuo regno.

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Commento

Un unico Re a cui rivolgere lo sguardo. Questa domenica celebriamo la solennità di Cristo Re dell’Universo. Si conclude l’Anno liturgico e si spalancano le porte all’Avvento, tutto l’Anno liturgico viene ricapitolato in Cristo. Inizia così il tempo di preparazione al Santo Natale. Ma il Vangelo di questa domenica in realtà sembra proiettarci più verso un “clima” pasquale che natalizio, presentandoci la scena della crocifissione di Gesù anziché quella della sua nascita nella grotta di Betlemme. Forse perché come avviene per tutti i film e nella storia personale di ciascuno di noi, si deve arrivare alla fine per comprendere gli avvenimenti che ci siamo lasciati alle spalle. 

Ecco perché in questa domenica veniamo proiettati verso il Golgota, per poi poterci incamminare verso il Santo Natale. Solo così potremo comprendere la regalità di Cristo. Una regalità molto distante da come la intendiamo qui in terra, dove il suo trono è costituito dalla croce. Un trono molto “alto” oltre che molto scomodo. Qui in terra i re sono coloro che siedono su cuscini di velluto rosso, incensati ed adulati dalla folla. Il destino della folla è nelle loro mani. Sono i potenti della terra, coloro che per potere politico o discendenza genealogica, hanno nelle mani la sorte di molti. Sono coloro che quando dichiarano guerra a qualcuno, si rifugiano nei rifugi antiatomici per salvarsi la pelle; che non toccano pietanze, se prima non le hanno assaggiate coloro che sono deputati a scongiurare attentati alla loro vita. Sono coloro a cui poco importa se per i loro deliri di onnipotenza, milioni di persone stanno morendo sotto i bombardamenti e di fame per le loro politiche oppressive. Sono coloro che si comprano il prossimo con lauti regali. 

La scena la conosciamo tutti molto bene: Gesù è inchiodato al legno della croce. Dinanzi a questa regalità “fallita” il popolo resta a guardare. Come spesso facciamo tutti quando siamo spettatori di ingiustizie. Mentre i capi, i soldati, e perfino uno dei malfattori crocifisso con lui, lo sfidano invitandolo a salvare se stesso, se è veramente re. Essi hanno l’immagine terrena di re, di cui parlavamo prima. Un vero re ha pieni poteri, che esercita solitamente per salvarsi e “crocifiggere” gli ultimi, soprattutto in situazioni di pericolo. La regalità di Cristo è umanamente difficile da comprendere: non salva se stesso, ma salva tutti gli altri. Proprio per questo è un Re che non bada a spese regalando all’umanità ciò che di più prezioso possa esistere: la salvezza. Quella salvezza che è continuo oggetto di riflessione durante il nostro pellegrinaggio terreno, durante il quale cerchiamo di capire come la si possa conquistare. Tante volte dando vita ad atteggiamenti, che sfociano nel “si salvi chi può”, anche a danno del prossimo.

L’atteggiamento dell’altro ladrone, che lo riconosce come Messia, ci aiuta invece a comprendere cosa realmente dobbiamo fare per essere destinatari della sua salvezza. E la conferma sta nelle parole che Gesù gli rivolge: “oggi con me sarai nel paradiso”. Dobbiamo semplicemente credere in lui. Detto così potrebbe sembrare semplice, ma credere in lui significa voltare le spalle ai re della terra e rivolgere lo sguardo esclusivamente verso l’unico vero Re. Verso colui che ci ricorda che “chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”.

Commento a cura di Fra Marco Valletta