In ascolto della parola

Domenica 6 dicembre - II Domenica di Avvento

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,1-8)

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

Come sta scritto nel profeta Isaìa:

«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.

Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri»,

vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.

Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Commento

Come ogni anno, a questo punto dell’Avvento, tocca confrontarsi con Yohanan il Precursore, quel tipo strano e liberissimo che fu Giovanni Battista: pittoresco, istrionico, che a colazione (tipo Yoghi e Bubu) si arrampicava sulle rocce in cerca di alveari, di miele; che aveva peli dappertutto (tranne che sulla lingua); e che per merenda si appostava silenzioso in qualche anfratto o sotto vento (tipo Re Leone) per acchiappare qualche cavalletta da sgranocchiare. Altro che taralli e patatine. Che tipo! (“C tip!” diremmo noi in Puglia). Voce cruda, tagliente, come di leone, ruggisce nel deserto: "Portate frutto in vista del Giudizio del Re-Messia! Quel giorno, tremendo e glorioso, tutto ciò che è vano ed estraneo al Regno, svanirà!".

 

Un battesimo “di conversione per il perdono”: che vuol dire? È un messaggio solenne, asciutto, crudo, come crudo, asciutto e solenne è il deserto di Giuda: per incontrare il Dio del perdono, per conoscerlo davvero, per fare l’esperienza trasformante di Lui, di quanto ti desidera...bisogna chiamare per nome, riconoscere la propria morte, la propria cecità.

 

Il cammino, l’inizio del Buona Notizia, comincia con un Padre che ti consiglia, senza giri di parole, schietto: di riconoscere una buona volta le morti che hai dentro, quelle morti che ti trascini dovunque vai; di riconoscere lo spreco sciocco e perverso che fai della tua bellezza, dentro a pensieri vani, a tunnel in cui ti perdi, ti impoverisci, invece di crescere, arricchirti e trovare la tua essenza;

di abbandonare quella malizia, e la mania di pianificare, organizzare, avere tutto sotto controllo per i tuoi obiettivi, quel che credi furbizia e che è stupidità, che ti fa illudere di aver capito tutto di te, degli altri, di Dio.

Perché tu sai poco o niente: è Dio che conosce il tuo vero nome, la tua precisa miseria, la tua sublime grandezza. È Dio che conosce il nome, il cuore di tutte le cose. Il cammino del bello e del buono, il cammino del vero e del giusto comincia (e ricomincia ogni volta) riconoscendo ciò che ci fa male e ci impoverisce.

 

Come altrimenti saremo fecondi nel bene? Tutto questo avviene nel deserto: come mai?

Il simbolismo del deserto è importante. Il deserto non è luogo di morte: lo è “solo in un certo senso”. Nel deserto c’è vita, ostinata vita. E il suo è un messaggio di vita, o meglio di tutta la vita “che potrebbe ancora essere, e non è”. Sì, perché mette davanti agli occhi la verità fondamentale: il mondo (e l’uomo) lasciato a sé stesso, senza il Dio che dona la vita, è morto. Eppure la terra lì, nel deserto di Giuda, è fertile, potrebbe dare un sacco! Fertile, potrebbe fiorire e produrre a palate, ma…non ha acqua. Ecco la simbolica del deserto.

Cos’è mai la terra, pur con tutte le sue doti, senza l'abbraccio del Cielo?

Cosa mai siamo noi, per quanto speciali, senza il tocco d'un Amore Infinito?

Basta anche un filo d'acqua, un fugace bacio del Cielo, e tutto riprende vita:

come nel deserto, così per noi. Senza l'abbraccio del Cielo siam terra brulla, triste.

Ma se gridiamo il nostro bisogno, la distanza dal Dio d’amore, il Desiderio,

allora Dio è pronto ad annullarla. E tutto fiorisce.

 

Giovanni tutto questo lo fa nel punto dove i padri entrarono nella Terra Promessa, lì dove il fiume fu il limite bello del “passaggio”. Lì annuncia la vera Promessa, il vero abbraccio del Cielo, la vera Pioggia, la Rugiada di un mattino che farà fiorire ogni cosa: il Messia.

Gesù sarà la vera Terra Promessa, lui ti porterà là. Lui farà irrompere lo Spirito di Dio nel mondo, e tutto rivivrà per sempre. Sempre. Ma proprio sempre.

A quel punto lui, quel matto di Giovanni, dice: “Io non sono lo Sposo, lo Sposo è Gesù. E non sono nemmeno la sposa che se lo godrà! Non gli scioglierò io i sandali (gesto della sposa). Voi lo vedrete, voi lo godrete, voi sarete la Sposa. Voi sarete più grandi di me!”.

Noi siamo la terra deserta e capace, che il Cielo ha già abbracciato: la polvere di cui è innamorato. Noi siamo più benedetti di Giovanni! Perché allora vaghiamo stanchi, aridi, confusi? Perché la Rugiada e la Pioggia divina a noi donata, ancora non dà fioritura? Perché rimaniamo uguali a prima, aridi? Quale morte abbiamo dentro che non sappiamo confessare, che sempre ci blocca? Di cui non sappiamo liberarci e che ancora non abbiamo lasciato andare nel Cuore del Padre?

Buona domenica della Terra fertile che brama l’Acqua

 

Commento a cura di Fra Amedeo Ricco