In ascolto della parola

Domenica 27 settembre

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 21,28-32)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».

E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

Commento

Sin dalle prime battute del Vangelo di Matteo il lietmotiv è chiaro: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”. Gesù ammonisce gli interlocutori di ieri e di oggi: “Giovanni venne a voi sulla via della giustizia, e non vi siete nemmeno pentiti così da credergli”.

• Cosa è cambiato in noi che ascoltiamo la Buona Novella?

• A che punto è la nostra conversione?

• «Il non credente che è in me inquieta il credente che è in me e viceversa?» (C. M. Martini)

• Come ci sentiamo interpellati dalla Parola del Signore e cosa provoca in noi? Gesù ci guarda con gli occhi del Padre e, come nella parabola odierna, ci chiama FIGLI, così pure i capi dei sacerdoti e i farisei, che chiama in causa e a cui parla in prima persona e in forma alquanto diretta. Gesù ci invita a collaborare alla Sua opera di giustizia: l’adesione personale al progetto di Dio per quel Regno di giustizia e di pace in cui sia data a tutti la stessa dignità di figli amati.

• Dove sono le nostre responsabilità? Siamo chiamati ad avere cura di questo mondo e a metterci al lavoro per il bene della nostra ‘casa comune’ (‘Laudato sì’), nonostante le nostre possibili resistenze, stanchezze, incapacità. Nonostante la voglia di girarmi dall’altro lato quando suona la sveglia o lo “smart work” che talvolta preferisco rispetto al rischio di metterci la faccia e sporcarmi le mani nella vigna del mondo dove sono invitato a dare il mio contributo.

“Convertitevi”, è questo il tempo della vendemmia, di raccogliere i frutti buoni di chi ha lavorato per noi e che riceviamo come dono: da non aspettarci però che ci sia un corriere a portarcelo. Il contenuto del dono è come quel contratto a tempo indeterminato che attendiamo con trepidazione, e che nella situazione evangelica proposta, ha a che fare con la vigna del Regno. L’unico ‘credito’ che ci è richiesto è il seguente: “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri” (Fil 2,1-11) Se pure dovessimo ‘sgarrare’ da questa modalità evangelica, non c’è ombra di condanna. Siamo figli e tali rimaniamo nell’abbraccio di misericordia del Padre, perché il nostro desiderio di gioia piena è anzitutto il Suo per ognuno di noi. Come dice Papa Francesco, “non siamo mera “forza-lavoro”, ma ognuno di noi è chiamato ad essere un costruttore che partecipa con tutto sé stesso all’edificazione della comunità”. “Si, Signore!”. È giusto ciò che chiedi nella parabola della nostra vita, sbadata o sbandata che sia: da quel ‘si’ con cui balbetteremo il nostro desiderio di corrisponderti, Tu continuerai a raddrizzare i nostri sentieri e a donarci frutti abbondanti di misericordia, giustizia e fedeltà.

Commento a Cura delle Sorelle Povere di Mola di Bari