In ascolto della parola

Domenica 24 marzo

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13,1-9)
Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Parola del Signore

Il trio delle parabole sulla misericordia di Dio, situate al centro del Vangelo di Luca, raggiunge il suo vertice nel racconto del “figlio ritrovato”, più nota come parabola del “figliol prodigo”, anche se, in realtà, il protagonista di questa storia è il padre, che dà unità alle due scene in cui sono protagonisti i due fratelli (il figlio minore e maggiore). La prima parte del racconto descrive il distacco e l’allontanamento del figlio più giovane dal padre e la sua progressiva degradazione. Giunto al punto più basso e umiliante della sua esperienza di autonomia, incomincia la sua ripresa progettando il ritorno alla casa paterna, infatti proprio lui che aveva rivendicato l’indipendenza familiare, si riduce in uno stato di dipendenza e schiavitù contraddistinte dalla fame e solitudine fuori della propria terra.

La scena più importante è il suo ritorno dal padre che lo anticipa correndogli incontro, dove l’amore del genitore si rivela in una forma che sconvolge tutti gli schemi e le attese umane. Il padre risponde con una misura sproporzionata di bontà alla confessione del figlio che non è totalmente convertito, centrato ancora su sé stesso tanto da voler sfruttare la benevolenza paterna per soddisfare il bisogno della fame. La svolta decisiva è segnata dall’iniziativa del padre che va incontro al figlio, lo accoglie senza riserve e lo riabilita alla sua condizione precedente; riversa su di lui gesti e doni importanti come la veste, l’anello e i sandali, segni visibili dell’uomo libero. La partecipazione alla mensa paterna è l’ultimo tocco del crescendo di accoglienza che culmina nella festa più bella. Su questa scena si introduce il contrasto del figlio maggiore. Anche qui il padre manifesta lo stesso amore che trova di fronte a sé rabbia, gelosia e disprezzo del figlio nei confronti del fratello ritornato. Il padre ‘esce’ anche questa volta, invitando il figlio maggiore a prendere parte della sua gioia, anche quando questi gli rinfaccia come ingiustizia e imparzialità i suoi gesti di premura non meritati verso il fratello. Questa parabola vuol essere un invito a scoprire nell’immagine del padre l’amore accogliente e prodigo di Dio e a lasciarsi coinvolgere dal suo abbraccio sempre aperto, considerando la misericordia come identità di Dio ‘nostro’ Padre e nuova giustizia da vivere come fratelli.

Commento a cura delle Sorelle Povere di S. Chiara - Monastero S. Luigi in Bisceglie (Ba)